lunedì 28 gennaio 2008





Lettera aperta a un sogno.


Sì lo so, non sono originale. “Scusa, ma ti chiamo amore” è il titolo del romanzo di Federico Moccia che racconta la storia di una ragazzina con un uomo di 20 anni più grande.Tu non sei una ragazzina; io, invece, vent’anni più di te probabilmente li ho. Allora vado avanti ugualmente dicendoti: “Scusa, ma ti chiamo amore”. Ma mentre tra me e me pronuncio queste parole, la mia mente è altrove: sta ripercorrendo, riascoltando le note di “A Lara”, la colonna sonora del dottor Zivago. Un film, due personaggi – Lara e Zivago – che, da quando lessi il romanzo di Borís Pasternàk, da quando ho visto, rivisto e ancora visto il film, non mi abbandonano più. Di tanto in tanto, senza preavviso alcuno, si impossessano di me. E mi inducono a percorrere lunghi, lunghissimi tratti della mia vita.Non che io mi riveda nel dottor Zivago. Qualcuno subito commenterebbe: “Alla faccia della modestia!”. Ma poi, se proprio, perché dovrebbe interessarmi il commento della gente? Vivo forse in funzione della gente, io?Inoltre, non che tu abbia alle spalle i momenti tragici di Lara - Julie Christie. O che tu le possa assomigliare fisicamente. Non lo so. Però…Non è questo quello che conta. Quando penso a Lara, sento l’armonia, la dolcezza, la grandiosità di tutti i sentimenti che provo per te.Anche nei momenti difficili, quando tutto, ma proprio tutto della vita sembra remare contro di te, contro di me, contro di noi. La potenza dei sentimenti è così forte che sconfigge, almeno per un brandello della nostra storia, le avversità della vita. Del film ho soprattutto un ricordo: la dacia immersa nella neve, nel ghiaccio, nelle ragnatele frutto di un lungo abbandono. La luce fioca di una candela, un piccolo tavolo, un foglio di carta bianca, una penna, un calamaio piccolissimo. E lui, Zivago, che prova e riprova a scrivere le prime parole, poi arrotola il foglio non più del tutto bianco e lo getta, pronto a sostituirlo con un altro. Cosa aspetta?
Che il suo cuore si decida a parlare. Si impossessi della sua mano e la guidi per scrivere una parola dopo l’altra.Parole scritte con l’inchiostro, ma dettate dal cuore.Non è il poeta che attende pazientemente che l’ispirazione venga a fargli compagnia. No. Sono soltanto un essere umano che sente prepotente dentro di sé il bisogno di mettere nero su bianco un sentimento che ho dentro, ma che fatica a tradursi in scrittura, tanto è immenso, dolce e intimo. Un sentimento che sembra rifiutarsi a indossare le vesti delle parole, segni grafici che sono freddi, comuni a tutta la gente, mentre il sentimento è solo mio. Ciò che provo quasi si oppone, per pudore, a farsi conoscere. Forse da estranei,Ma io non sto scrivendo per un’estranea. Sento di volere scrivere per te, solo a te. Perché tu sappia che per me non sei un incidente della vita, ma sei la mia vita. So che i miei sentimenti già li intuisci, forse addirittura li conosci, ma io devo gridarli a tutti: al ghiaccio, alla neve, alle ragnatele perché in questo momento solo il ghiaccio, la neve, le ragnatele, la notte sono il mio …mondo. Ma è un mondo lontano da me anche se ci sono immerso. E’ lontano perché il mio mondo sei tu. Soltanto tu. Il nostro amore. Forse l’amore di questo attimo, perché domani proprio non so, non sappiamo, cosa potrà succedere. Non sempre il risveglio é dolce come vorremmo che fosse. Come, chiudendo gli occhi per ricevere il sonno, già sognamo possa essere.
Fuori, assieme a quello del vento, l’ululato dei lupi. Unici compagni d’una solitudine che è solitudine solo apparente. Perché sento, percepisco che nella stanza disadorna, fredda, ghiacciata c’è, invece, una grande presenza: la presenza dell’Amore. Un amore che non è più passione. E’ soltanto dolcezza, appagamento, completamento: nonostante tutto il mondo sia contro.
Poi, quasi d’improvviso, ma sempre preceduto dal suono dolcissimo e struggente di “A Lara”, la mia mente viene occupata da distese infinite di girasoli, boschi e boschi di betulle: la speranza, l’appagamento forse, un amore che non è più desiderio, ma realtà. Nonostante, anche se in lontananza, senta, percepisca che tutto sta giocando contro di noi.Forse perché siamo noi a volerlo?
L’inverno, la notte, il ghiaccio, la neve, l’ululato dei lupi, il ricordo d’una guerra fratricida, del sangue dei morti e dei feriti, della barbarie, della cattiveria umana, di gente subdola, meschina.
Ora il sole, l’azzurro del cielo, i fiori, il bianco maculato dei tronchi delle betulle, il verde delle foglie appena mosse da un soffio di aria ormai tiepida, il giallo dorato dei girasoli, un orizzonte che non vuole finire. In lontananza, le ombre delle prime montagne, che ancora sono colline.E in tutto questo nuovo mondo, che già ha reso lontano il ricordo del buio e del freddo, del sangue e della tragedia, la tua immagine. Anzi, tu stessa, con il tuo sorriso, i tuoi occhi, il tuo sguardo, le tue labbra, la tua pelle che immagino essere velluto.Sì, non c’è più spazio per la passione irruente. Il suo posto è stato preso, carpito quasi, dalla serenità e dalla speranza che però si è fatta realtà, anche se una realtà destinata magari a durare solo un attimo. Una realtà che mi dice che ora siamo una persona sola: tu leggi in me, io leggo in te. I tuoi pensieri, i tuoi sogni sono i miei pensieri e i miei sogni e i miei sono ora i tuoi. Si scambiano di continuo, s'incontrano, si riconoscono, si sorridono, si accettano, si abbracciano.La vita potrà anche dividerci o tenerci lontani, ma noi sapremo sempre camminare fianco a fianco, tenendoci per mano.
Paolo

( Plinio IV )


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