martedì 25 marzo 2008




IL FALCO PIGRO


Un grande re ricevette in omaggio due pulcini di falco e si affrettò a consegnarli al Maestro di Falconeria perchè li addestrasse.
Dopo qualche mese, il maestro comunicò al re che uno dei due falchi era perfettamente addestrato.
"E l'altro?" chiese il re."Mi dispiace, sire, ma l'altro falco si comporta stranamente; forse è stato colpito da una malattia rara, che non siamo in grado di curare. Nessuno riesce a smuoverlo dal ramo dell'albero su cui è stato posato il primo giorno. Un inserviente deve arrampicarsi ogni giorno per portargli cibo".Il re convocò veterinari e guaritori ed esperti di ogni tipo, ma nessuno riuscì a far volare il falco.Incaricò del compito i membri della corte, i generali, i consiglieri più saggi, ma nessuno potè schiodare il falco dal suo ramo.Dalla finestra del suo appartamento, il monarca poteva vedere il falco immobile sull'albero, giorno e notte.Un giorno fece proclamare un editto in cui chiedeva ai suoi sudditi un aiuto per il problema.Il mattino seguente, il re spalancò la finestra e, con grande stupore, vide il falco che volava superbamente tra gli alberi del giardino."Portatemi l'autore di questo miracolo" ordinò.Poco dopo gli presentarono un giovane contadino."Tu hai fatto volare il falco? Come hai fatto? Sei un mago, per caso?"gli chiese il re.Intimidito e felice, il giovane spiegò:"Non è stato difficile, maestà. Io ho semplicemente tagliato il ramo. Il falco si è reso conto di avere le ali ed ha incominciato a volare".A volte abbiamo bisogno che qualcuno ci ricordi che abbiamo le ali...che sappiamo volare se lo vogliamo...abbiamo bisogno che qualcuno ci ricordi (o ci insegni) che la seconda ala che abbiamo ricevuto da piccoli, in un momento particolare, non ci appartiene...ma non ci verrà mai tolta... è solo con quell'ala che possiamo volare in alto...a volte ci dimentichiamo di averla...altre ci fa male e ci impedisce di volare...altre ci sembra quasi che si sia stata strappata...e altre siamo noi a non volerla usare, ad essere troppo pigri per smuoverci e andare alla ricerca di qualcosa che va al di là di un semplice albero sul quale siamo completamente dipendenti da chi ci porta del cibo e dal quale non possiamo renderci conto del perchè quelle ali ci appartengono e del perchè ci sono state donate...


venerdì 21 marzo 2008





Gandhi disse:


"Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo"


Mi hanno detto che non si può... cambiare il mondo.


Mi hanno chiamata illusa...


ingenua...


folle...


Ma io so.


Io so che basta un sorrisoper cambiare la tua giornata


quando sei triste e non ti aspetti


quel lampo di luce.


Io so che basta una parola


per squarciare il muro dell'indifferenza


e cambiare il paesaggio.

Io so che basta uno sguardo...


non distratto, ma vero...


per vedere oltre,


per capire...


per vincere la nebbia


che impedisce di scorgere il dolore altrui.



Io so che basta un po' di amore


per sciogliere il gelo


che circonda i cuori,


impedendo loro di battere...


non è facile questo io lo so...


... ma io il mondo cerco di cambiarlo un po' ogni giorno...


lunedì 17 marzo 2008




e impari che sei forte ...

Dopo un po' impari la sottile differenza tra il tenere una mano e incatenare un'anima,

ed impari che amare non significa possedere e che stare insieme non significa sicurezza.

E cominci ad imparare che i baci non sono un contratto e che i doni non sono promesse

E cominci ad accettare le sconfitte a test'alta ed occhi aperti con la grazia di una donna e senza il dolore di un bambino.

Ed impari a costruirti la tua strada giorno dopo giorno perche' il terreno di domani e' troppo incerto per un programma e i piani fututri falliscono sempre a meta' strada.

Dopo un po' impari che anche il sole puo' scottarti se chiedi troppo.

Cosi' coltivi il tuo giardino e fai bella la tua anima senza aspettare che qualcuno ti porti i fiori.

E tu impari che davvero puoi farcela, che davvero sei forte che davvero tu vali qualcosa.

E tu impari e tu impari, nonostante gli addii tu impari...


anonimo


domenica 16 marzo 2008


Lo specchio è il giudizio che gli altri danno di noi.
E viceversa.
Lo specchio siamo noi stessi...
E due sono le sue facce: una riflettente,
l'altra ... più nascosta ... oscura.
Quasi sempre diciamo degli altri quel che non possiamo dire di noi...
nel bene o nel male.
Noi siamo riflesso e oscurità.
Ma non si può distinguere lo specchio dal suo riflesso.

sabato 15 marzo 2008







Durante il periodo della Pasqua si compiva il rituale della Haggadah durante il quale veniva mangiato, fra gli altri cibi, l'agnello.

Di quella cena tradizionale, oltre l'uovo è rimasto proprio l'agnello.

E' rimasta l'attuazione di una devozione che passa sempre, comunque, attraverso l'uccisione dll'agnello anche se con significati simbolici diversi.

Potrebbe sembrare un aspetto secondario rispetto a quella che è stata la grossa rivoluzione portata dal cristianesimo, vediamo perché, a mio avviso non lo è.

Cerchiamo di ricostruire, sulla base delle informazioni che ci vengono dai vangeli canonici e da altri scritti, gli eventi relativi alla notte dell'ultima cena.

La Pasqua ebraica si poteva celebrare solo nella Città Santa, Gerusalemme.

Per Gesù era già stato emesso un mandato di cattura.

Era necessario trovare un posto sicuro per celebrare la Pasqua.

Furono gli Esseni ad offrire ospitalità, il cenacolo si trova, appunto, al centro del quartiere degli Esseni all'estremo sud di Gerusalemme.

Gesù potè entrare, discretamente, dalla porta degli Esseni, ai margini della città.

Gli Esseni prestavano gratuitamente i loro locali per la Pasqua a patto che si osservassero delle regole.

La regola principale aboliva i sacrifici di animali e, quindi, l'immolazione dell'agnello.

Chiamavano la loro Pasqua "fiorita" perché il sacrificio dell'agnello veniva sostituito con l'offerta rituale di cereali e la tavola imbandita con frutti della terra.

Gli Esseni si astenevano dal frequentare il tempio e compiere sacrifici.

Gesù, è noto, non aveva buoni rapporti con la classe sacerdotale, qualche tempo prima aveva scacciato i venditori dal tempio liberando le colombe e aveva suscitato lo sdegno dei sacerdoti quando, operando guarigioni, veniva osannato dal popolo.

Non è pensabile, in questo contesto, un Gesù, o chi per Lui, che si rechi al tempio a sgozzare l'agnello davanti ai sacerdoti, secondo il rituale ebraico.

Tutta la letteratura cristiana antica sostiene, poi, che il Cristo, come tutti gli uomini spirituali del tempo, non mangiasse carne.

Gesù con la sua predicazione e la sua vita da l'immagine di un Dio di misericordia, che non vuole spargimenti di sangue e vittime immolate.

L'immagine del "Buon Pastore" che sgozza la pecorella sarebbe veramente un'enorme contraddizione.

Credo ce ne sia a sufficienza per cominciare a riflettere sul fatto che, se con Cristo arriva la buona novella, questa è per tutto il creato, agnelli compresi.

E' il rispetto della vita in ogni sua forma.

La Pasqua non avrà maggior valore se gli agnelli che oggi pascolano sui prati, fra pochi giorni saranno sulla tavola di chi in questo modo crede di festeggiare al meglio la Resurrezione.

Non mi riferisco, naturalmente, a coloro per i quali Pasqua non è altro che un'usanza e qualche giorno di vacanza che termina con la gita di Pasquetta, ma a tutti quelli che in qualche modo celebrano l'evento ricordando con vari riti la passione morte e resurrezione di Cristo e terminano le celebrazioni intorno alla tavola imbandita, sulla quale l'agnello è il piatto forte.

Voglio essere chiaro, ognuno è libero di mangiare ciò che vuole e dare il significato che vuole a ciò che mangia, ma voglio permettermi una, a questo punto, ovvia considerazione:

come mai un Maestro che, in contrasto con la tradizione del suo popolo, celebra una Pasqua in cui, nel rispetto di tutte le creature, l'agnello viene risparmiato, si trova ad avere dei seguaci che fanno uccidere e mangiano l'agnello, pensando di compiere un gesto devozionale?

Come vedete, la questione a questo punto, non è di scarsa rilevanza.

Si mangia l'agnello come rappresentazione di Gesù, ma per quel che sappiamo dell'ultima cena di Gesù, l'unico cibo di cui si parla è il pane e l'unica bevanda il vino, questi e solo questi, per sua affermazione lo rappresentano.

I tempi sono maturi perché l'umanità, o almeno una parte di essa, cominci a vivere la propria spiritualità veramente in armonia con il creato.

Cominciamo a chiamare le cose con il proprio nome: mangiare o non mangiare carne ha di per sé scarsa importanza, mangiare l'agnello, pensando di compiere un atto devozionale, è, oggi, indice di una barbarie che riporta al tempo dei sacrifici cruenti, comprensibili per l'epoca, e colloca a quel livello l'atteggiamento spirituale di chi compie tale atto.

Brano pubblicato con l'autorizzazione dell'autore.


venerdì 7 marzo 2008






"un giorno la paura busso alla porta del coraggio,
il coraggio aprì e vide che la paura non c'era."

il coraggio è saper affrontare e superare gli ostacoli,

e coraggiosi si diventa!

acquistando fiducia in se stessi e nelle proprie capacità.

martedì 4 marzo 2008






Il tocco del maestro


Era logoro e segnato dal tempo;
il banditore pensava non sarebbe valsa la pena di perdere troppo tempo
per assegnare quel vecchio violino ma lo alza ugualmente al di sopra della propria testa
e sorridendo lo mostra agli intervenuti.

"Quanto offrite per questo, gentili signori? Chi offre per primo?".
"Un dollaro!"
si udì dalla sala.
"Solo un dollaro?"
apostrofò il banditore.
"Due dollari!",
fu la nuova offerta.
"Due dollari... Chi offre di più?",
"Tre dollari!",
grida qualcuno.
Il banditore si apprestò a terminare la vendita:
"Tre dollari e uno, tre dollari e due, tre dollari e tre...",
dalla sala, prontamente, un uomo alto e magro con i capelli grigi,
avvicinò al banco e prese in mano il vecchio violino.
Soffiò la polvere dal vecchio strumento,
ne tirò accuratamente le corde per l'accordatura
e cominciò a suonare una splendida e dolcissima melodia simile al canto di un angelo.
Poi la musica cessò.
Il banditore con voce cheta e un po' commossa da quelle note ripeté la domanda:
"Quanto offrite per questo violino?" -
"Mille dollari!"
"Duemila!" - "Tremila dollari!" -
"Tremila dollari e uno, tremila dollari e due, tremila dollari e tre; aggiudicato!".
Il pubblico acconsentì ma qualcuno non comprendeva cosa avesse cambiato il valore di quel vecchio violino.
La risposta venne presto e con molta chiarezza:
"E' stato il tocco del maestro!".
Molti uomini similmente vivono una vita priva di armonia e obiettivi durevoli;
uomini sminuiti e sottovalutati dalla gente proprio come il vecchio violino.
Uomini che tra un fiasco di vino, una scodella di minestra e una serata in osteria
vedono trascorrere tutta la loro vita.
Però... quando il Maestro entra nella loro vita, essi si trasformano in uomini nuovi.
La gente insensata non comprende cosa sia accaduto in loro;
non capisce che il valore di un'anima può divenire inestimabile
al tocco della mano del Maestro.