lunedì 19 gennaio 2009

La ragazza di un tempo











Ho ascoltato Fabrizio De Andrè per la prima volta a quindici anni.
Era il periodo delle grandi trasformazioni adolescenziali.
Mi chiamavano "la pasionaria" per il mio modo di vivere e vedere le cose,
per il coraggio nell'alzare la voce davanti alle ingiustizie del mondo:
dalle realtà a me più distanti,
alle stupide sofferenze liceali per questo
o quello stronzetto che usciva dalla mia vita
senza spiegazioni.
Affrontavo lotte in grande e in piccolo, nella mia stanza e nelle strade calde
di Palermo.
La rassegnazione non aveva spazio, né tempo per me,
semplicemente non esisteva.
A quindici anni, ti senti padrona di te e del mondo.
Spieghi le ali al vento senza alcuno sforzo e plani sulla terra
come fossi abbastanza potente
per guardare tutti dall'alto.
A quindici anni sognare qualcosa significa avere davvero
le potenzialità per raggiungere i tuoi obiettivi.
E ci credi con tanto trasporto che quasi trovi piacere
ad incontrare ostacoli sul tuo cammino.
A quindici anni conosci l'amore, con tutti i suoi difetti,
ma sei meravigliosamente in grado di rialzarti dopo un fallimento,
una sconfitta, un tradimento che rapidamente dimentichi tutto
all'arrivo di un nuovo altro amore.
A quindici anni giochi con la passione,
con gli eccessi e le stravaganze.
Ami,
soffri,
urli,
parli sottovoce e poi nuovamente gridi forte,
magari davanti a un mare sconfinato,
non curandoti di chi ti stia attorno.
Piangi e immediatamente riacquisti il sorriso
con un pacco di biscotti
in compagnia delle amiche
A quindici anni non passi frettolosamente dalle vite diverse dalle tue,
le assapori.
A quindici anni ti soffermi ad ogni piccola insenatura delle strade altrui.
E lasci un segno.
De André aveva una voce così familiare per me.
Sembravo ripetere i testi delle sue canzoni a memoria,
anche al primo ascolto.
Oggi, ricordo con affetto la mia adolescenza.
Come la maggior parte delle persone,
la rimpiango.



Sono ancora una pasionaria.
Purtroppo, però, qualcosa mi ha zittito.
Si è spezzato un filo importante con il mio passato:

sono totalmente muta e incapace di planare sulla mia vita.
Occhi bassi, viso cupo, mani raggomitolate, passo dinoccolato, paura.

Grande paura del mondo.
Soffro per quello che mi circonda e non mi piace.
Incontro ancora persone del mio passato che propongono questa o quella rivolta,

magari una semplice mail di protesta da girare, una raccolta firme.
E con spento, apatico interesse, collaboro per qualche istante

per poi rintanarmi tra i pensieri più intimisti, chiusi.

Mi distraggo, quindi, con grande facilità da ciò che,
un tempo, aveva tutte le carte per essere una delle mie ragioni di vita:

le sorti dell'umanità.

Adesso tremi come una foglia davanti al futuro.

Adesso passi più tempo con te stessa che con il mondo.

Adesso ti senti sconfitta e impotente;

hai la testa bassa, una bilancia da fissare ogni mattina dopo la doccia,

qualche amico che ti ama e un profondo senso di debolezza.

Adesso ti trovi nel limbo fra la vita reale e quella che un tempo desideravi.

Adesso hai già visto tanti come te abbandonarsi alla totale rassegnazione
e ne hai paura, soprattutto perché senti di specchiarti perfettamente in loro.



Adesso hai ancora tanti sogni che non ti è permesso di realizzare.



Alla mia età, sei in perenne conflitto, come spaccata in due.



Quello che vuoi, non è semplice da ottenere,

nel mio caso, fra l'altro, appare impossibile.
C'è, però, qualcosa nella mia età che mi fa sorridere.

È quel portato di esperienze che mi ha fatto arrivare fin qui.

Il conflitto riguarda quello che sogni e quello che ti viene offerto.

In fondo,
quello che sogno non è poi così diverso da quello che volevo.

Probabilmente raggiungerlo comporta il triplo dei sacrifici,

ma chi dice che non possa arrivarci?

Un amore mancato, una battaglia politica persa,

un fiore calpestato maldestramente?

Credo che, in fondo, visto come vanno le cose oggi,

porto ancora dentro di me qualcosa di importantissimo:
una sensibilità.

Forse meno esasperata e raggiante,
ma che, certamente,
continua a rappresentare un forte moto interiore che prima o poi
verrà fuori e mi permetterà di vedere le cose con meno pessimismo.

Sono una persona strana, contraddittoria, me lo dicono in tanti.

Grande sognatrice e pessimista.

Apro e chiudo la mente senza sosta.

Mi concedo e scappo dagli altri rapidamente.

Quasi come un battito cardiaco che prima presenzia e poi scompare.

A pensarci bene, nella musica dai ritmi incostanti,
con frastuoni e sospensioni,
ritrovo quel piacevole senso di pace,

regalatomi, forse, sin da quando mia madre mi portava in grembo.

Stare ancora sul suo petto ad ascoltarle il cuore mi rilassa.

Scrivo, compongo, corro, fremo, piango.

Mi sforzo di amare me stessa,
quando so benissimo che mi sto preparando al grande arrivo.

Di tutti quelli che, volenti o nolenti, si sono fermati nel mio cammino,
uno solo, forse, avrebbe potuto ricevere tutto quello che mi porto dentro.

E allora, come mi sforzo di ripetere, quasi sussurrando una litania,

"chiudo un libro per aprirne un altro",

con l'auspicio che il ruolo di passante nella vita di un uomo possa avere fine,
per prenderne un altro,



quello di pasionaria, la ragazza di un tempo.






Nessun commento: